I never doubt that a small group of thoughtful committed people can change the world: indeed it's the only thing that ever has!

Saturday 28 May 2011

Acqua, un bene pubblico anche con due no al referendum

Perché l’acqua deve stare fuori dal sistema dei prezzi?
All’approssimarsi della data di due tra i quesiti referendari più emotivamente caratterizzati ed altrettanto fuorvianti della recente storia italiana, una opportuna riflessione di Franco Debenedetti sul tema. Per la serie conoscere per deliberare, impresa ormai disperata in questo paese.

Come è (forse) noto, i due quesiti referendari riguardano essenzialmente la gestione della rete idrica e la tariffa dell’acqua. Nel primo caso, il comitato promotore intende abrogare l’articolo 23 bis della legge 233/2008, che “stabilisce come modalità ordinarie di gestione del servizio idrico l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il privato sia stato scelto attraverso gara e detenga almeno il 40%”. Osserva Debenedetti che il problema che abbiamo di fronte non riguarda l’assetto proprietario dell’acqua (che restrebbe pubblico), bensì i criteri per l’assegnazione delle gare di appalto per ammodernare e sviluppare le reti, ponendo tra l’altro fine all’indecente fenomeno della dispersione, stimata in media al 30 per cento ma che in alcune realtà è ben superiore. Sostituire l’appalto in house da parte dell’ente locale con una regolare procedura di messa a gara serve a contenere quei fenomeni di socialismo municipale che tanto hanno contribuito, sinora, a sottrarre efficienza al sistema economico.

Riguardo le tariffe, oggetto del secondo referendum, il “rischio” evidente è quello di un aumento vertiginoso delle stesse, per finanziare i nuovi investimenti. Per questo motivo, i proponenti del referendum intendono eliminare il comma del cosiddetto “codice dell’ambiente” che dispone che la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo conto dell’“adeguatezza della remunerazione del capitale investito”. Se vincessero i si, per tradurre, il costo degli investimenti finirebbe a carico della fiscalità generale, con effetti ulteriormente depressivi sull’economia dati dal fatto che nei prossimi anni nel settore idrico serviranno, come detto, enormi esborsi.

Sostiene Franco Debenedetti, una delle menti più lucide prodotte dalla sinistra italiana (ammesso e non concesso che la sinistra lo consideri un proprio “prodotto”):

«L’uno-due dei referendari è micidiale: col quesito numero uno vogliono che le opere pubbliche vengano pagate a piè di lista, con il quesito numero due vogliono che la gente non sappia neppure quanto questo le costa. Certamente esisteranno anche fasce di indigenza tali da non poter pagare neanche l’acqua per bere e per lavarsi – anche se in tal caso gli interventi per sopperire alle loro necessità e soprattutto per aiutarli a uscire dalla situazione di povertà dovrebbero essere ben più radicali e mirati -; ma come qualificare chi sfrutta questa indigenza per beneficiare anche chi l’acqua la usa per fontane e piscine, oppure per usi industriali? Perché costoro non debbono pagare l’acqua al prezzo giusto? I prezzi sono uno strumento per l’efficiente allocazione delle risorse, in particolare per decidere gli investimenti. Perché l’acqua deve stare fuori dal sistema dei prezzi?»

Già, perché? Eppure, sarebbe sufficiente lavorare su un welfare realmente dei bisogni, stabilendo esenzioni e sussidi a beneficio di chi è realmente in condizione di disagio economico, e porre a carico della fiscalità generale solo quella parte dell’intervento. L’obiezione più ricorrente all’eliminazione della riserva in house è che l’intervento del privato non è garanzia di efficienza, soprattutto in un paese come il nostro, dove connivenze tra appaltatori e committenti pubblici sono parte integrante del paesaggio. Ma identica obiezione può essere sollevata per l’esecuzione del servizio da parte dell’ente locale, in condizioni di splendida solitudine e di determinazione fantasiosa dei relativi costi. Insomma, serve comunque l’affermazione di una cultura del controllo da parte dei cittadini, che dovrebbe già esistere ma che auspicabilmente si rafforzerà con l’affermazione dell’idea federalista (anche se siamo destinati ad avere un federalismo “alla padana”, cioè molto italiano e gabelliere). Diversamente, i termini della questione non risiederebbero nella dicotomia tra statalisti e liberisti ma nel trasversale dualismo tra guardie e ladri, ed abbiamo non da oggi il sospetto che sia proprio questo il vero problema italiano.

Per questo dobbiamo convincerci che l’acqua è e resta un bene pubblico, anche votando due no al referendum.

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Monday 23 May 2011

Turning iceberg into drinking water


Water shortages plague a fifth of southern Europe. And with temperatures in the region forecast to rise several degrees this century — reducing rainfall another 30% — things will only get worse. Several thousand miles to the northwest, however, global warming is increasing the number of icebergs calving off Greenland; they now number about 15,000 a year. "An iceberg is a floating reservoir. And water from icebergs is the purest water ... It was formed some 10,000 years ago," explains French engineer and eco-entrepreneur Georges Mougin. All those bergs eventually dissolve in the ocean's brine. Such a waste, he says. Why not capture and haul some of them to Europe's arid south?

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It’s a common mistake to confuse ice fields, which are composed of frozen seawater and populated with polar bears, with icebergs, our floating mountains composed of frozen drinking water.

And did you know that, each year, the equivalent of the world’s supply in drinking water melts away into the ocean?

Why should just sit by and let this happen? Why not use icebergs as an alternative source for drinking water?

This is French Arts & Métiers Engineer Georges Mougin’s dream since 40 years!

At first this idea may seem too outlandish, but perhaps Mougin is a visionary? Today while the most pessimist prospectors predict a worldwide conflict based on ‘blue gold’ in 2050, Dassault Systèmes has decided to help Mougin reexamine his project with the help of 21st Century technology.

And what if 3D scientific simulation and virtual worlds can give life to an idea that died down last century? Perhaps this was due to technology-linked obstacles and limited knowledge of our oceans and weather. Perhaps Mougin was ahead of his times . . .

A documentary under the direction of Jean-Michel Corillion is being made to tell this story. It’s called Ice Dream and in a few months will be broadcast in various countries.

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Monday 2 May 2011

Energy from Water

What is the chain of technology development and delivery that enables small scale decentralised electrification of unelectrified rural areas?
An example technology is pico-hydro that uses local streams as a resource.
The technology is transferred as an asset to households of farmers with access to streams, in the Western Ghats region.
Most critically, the households decide the allocation of water between electricity generation and irrigation - they manage their demand for electricity based on water availability. The entire system retrofits into their current irrigation infrastructure.
At the same time, there is an entire value chain of enterprises that develop the technology and deliver it to the farmer's doorstep, integrating access to MNRE subsidies and loans as necessary.


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